Francia

Nell’Alto medioevo anche in Francia, come in altri paesi dell’Europa settentrionale, l’arte vetraria è un’occupazione principalmente rurale in quanto le fornaci si insediano nelle foreste dove è possibile il reperimento del materiale. I manufatti sono semplici oggetti di uso quotidiano, a volte con decorazioni stampate o applicate, in una grande varietà di colorazioni (dal verde all’ambra) dovute alle impurità ferrose dei componenti. Questa produzione, nota col nome di vetri di foresta o verre de fougère, si affianca a quella dei vetri colorati da finestra, di cui i monasteri, divenuti i nuovi centri di ricchezza e di cultura, cominciano a fare largo uso.

Le vicende politiche e sociali che sconvolgono l’Europa del IX e X secolo, riducono significativamente l’attività delle industrie vetrarie; se a questo si aggiunge la proibizione della Chiesa sull’uso dei calici in vetro, si comprende come il vetro sia stato privato del suo prestigio e associato ai materiali più comuni come il legno, la terraglia o lo stagno. Sono i nuovi ideali Rinascimentali che, condizionando ogni aspetto della vita, riescono ad esercitare la loro influenza anche in questo settore e quando i vetrai veneziani, verso la metà del XV secolo, usando il manganese come agente decolorante, riescono ad ottenere un vetro quasi del tutto incolore, molto simile al cristallo di rocca, l’affermazione di questo materiale è incontestabile, diventando oggetto di un lusso sempre più raffinato.

La Francia invece, almeno fino al ‘700, rimane estranea a questa esplosione di interessi, di studi, di elaborazione di nuove tecniche che rinnova totalmente la produzione vetraria: come altri paesi, cerca di copiare i vetri veneziani ma, continuando ad adottare il vetro potassico di foresta, non sorprende la scadente qualità dei risultati.

È nella seconda metà del ‘700 che gli artigiani francesi cominciano ad impiegare il cristallo al piombo producendo pezzi intagliati in modo elaborato, che si qualificano per la purezza e trasparenza del materiale che pare sia stato reinventato dalla fabbrica lorenese di St-Louis nel 1781. Ma è soltanto all’inizio del secolo successivo che lo stile dell’intaglio acquista popolarità, quando nel 1802 Aimé-Gabriel d’Artigues, ex sovrintendente alla manifattura di St-Louis, acquista la vetreria di Vonéche e, nel 1819, un’altra a Baccarat. Quando poi, sempre nell’’800, si diffonde l’uso di decorare mediante incisione alla ruota e, con una tecnica nuova, all’acido, anche Baccarat e St-Louis introducono studi e sperimentazioni in questo senso e ottengono un vivo successo all’Esposizione Universale del 1867.

Poi, si potrebbe dire, viene l’Art Nouveau e veramente tutto cambia; il vetro riesce a trovare, qui in Francia, le sue espressioni più significative, sia sul piano del linguaggio decorativo, che, esasperando la flessuosità dei vegetali, li trasforma in manifestazione della forza emotiva della natura, che su quello delle tecniche (la pâte-de-verre, il vetro-cammeo, la marqueterie, il poudré, ecc.): è questa la combinazione che porta la Francia della fine del secolo a cambiamenti radicali nell’industria vetraria e nelle arti ad essa più strettamente legate.

In questo panorama rinnovato emerge la figura di Emile Gallé insieme ad una schiera di artisti altrettanto validi e significativi: i fratelli Daum, Argy-Rousseau, Décorchemont, Legras, i fratelli Müller, Réné Lalique, Charles Schneider e tanti altri. Ma è Gallé l’innovatore e l’anima profonda di questa nuova arte, il poeta-industriale che crede nella possibilità di fare poesia anche attraverso la produzione di massa; in questo senso rappresenta bene anche gli orientamenti culturali di questa fine secolo, così dibattuta fra il pezzo unico, e quindi la produzione artigianale, e il pezzo di serie di produzione industriale. Lui, Gallé, costituisce la via di mezzo: suoi sono tutti i disegni, suoi sono gli studi e le prove delle nuove tecniche, sempre sotto il suo controllo il lavoro degli operai che realizzano le opere; le quali poi alla fine sono sempre dei pezzi unici perché le tecniche adottate non permettono certo una identica ripetizione del risultato dal momento che il poudré non può mai essere lo stesso, l’intercalaire risulta diverso a seconda di come si dispongono gli ossidi, e via di seguito.

Durante gli Anni Venti del ‘900 gli artisti francesi dediti alle arti decorative, sia con il vetro sia con altri materiali, dimostrano grandissime capacità e creano forme e decorazioni molto eleganti, facendo della Francia il centro di riferimento mondiale, consacrato nel 1925 dall’Exposition Internazionale des Arts Décoratifs et Industrials Modernes che si tiene appunto a Parigi.
Fra questi, nel settore del vetro, René Lalique ha un successo commerciale superiore a tutti gli altri nel campo dei vetri di lusso. Certo si tratta del multiplo, ben disegnato, costoso e prodotto industrialmente, quindi non della creazione d’arte individuale, eppure la sua fama è continuata con i suoi successori e continua ancora oggi.

Nel secondo dopoguerra lo stile francese sembra cristallizzarsi nei suoi gloriosi caratteri tradizionali, ben lontano dalle nuove idee che vanno sviluppandosi in Italia e in Scandinavia, come se troppo forte fosse ancora l’influenza del suo splendente passato e, per contro, troppo deboli i tentativi di trovare una moderna identità.





Emile Gallé

Emile Gallé (1846-1904) nasce e vive a Nancy dove il padre possiede una manifattura di vetro e porcellana. Affascinato, fin dall’infanzia, dal mondo delle piante e degli insetti, compie a Weimar, fra il 1862 e il 1866, studi di botanica oltre che di filosofia, e al ritorno si accosta all’attività del padre fino ad assumerne nel 1874, quando questi si ritira, la completa direzione. Fin dall’inizio i suoi vetri, ma anche le sue ceramiche, riscuotono un enorme successo; può quindi ingrandire la fabbrica fino a raggiungere 300 dipendenti, diversificare la produzione aggiungendo l’ebanisteria, aprire negozi a Parigi ed a Londra, esporre regolarmente e con grande successo presso l’Union Centrale de l’Art Décoratif fin dal 1878, fino ad arrivare all’ Esposizione Universale di Parigi del 1900 e a quella di Torino del 1902, che rappresentano il punto culminante della sua carriera.

Ma è necessario tenere conto che Gallé è anche un intellettuale, che prende parte alla vita culturale del suo tempo, frequenta poeti, si fa ammaliare dall’arte giapponese fattagli conoscere dall’amico pittore Takouso Takasima. Questo Gallé artista si esprime attraverso il vetro: sulla porta d’ingresso del suo laboratorio fa scolpire “Ma racine est au fond de bois”, le mie radici sono nel cuore dei boschi; sui suoi vetri parlanti riporta i testi di Victor Hugo, di Charles Baudelaire e di tutti gli altri poeti o scrittori che ama e che ha amato. Infine, consapevole anche lui della necessità di una cooperazione fra arte, industria e artigianato, fonda nel 1901, con i fratelli Daum, Louis Majorelle, Eugène Vallin e Victor Prouvé, l’Ecole de Nancy o, con le sue parole, Groupement Provincial des Industries d’Art. Che non è quindi soltanto un insegnamento o un raggruppamento di artisti che hanno comunanza di orientamenti estetici o stilistici, ma una affermazione, sulla linea di William Morris o, più tardi, della Wiener Werkstätte, dell’unità dell’arte e cioè della necessità di instaurare uno stretto rapporto fra artista e artigiano o, sempre con le sue parole, fra artista, tecnico e industriale. Questo per rappresentare la complessa personalità di Gallé; quanto al Gallé maître verrier è stato giustamente considerato il più importante di tutta la storia del vetro.

Dal 1874 al 1884 si può datare il primo dei suoi periodi detto trasparente, dal materiale impiegato, il vetro trasparente decorato a smalti duri policromi. Per la produzione successiva non è facile stabilire un ordine cronologico, ma è comunque caratterizzata dai vetri opachi lavorati con varie tecniche: craquelé, fumé, metallisé, oxidé, moucheté, fino ai vetri a più strati, che vengono lavorati alla mola per ottenere il disegno voluto e le differenti sfumature di colore. Dal 1890 comincia ad essere utilizzata la gravure à l’acide, cioè l’incisione in negativo o in positivo di vetri a più strati per mezzo di bagni d’acido fluoridrico: è con questo vetro-cammeo che Gallé sviluppa il proprio stile inconfondibile apportandovi complesse tecniche innovative.

L’ultimo passo in avanti lo fa nel 1894 quando installa un grande forno che dispone di dieci piazze di lavorazione, con cui riesce a dare inizio ad una produzione veramente industriale, sempre però sotto il suo controllo e con la sua supervisione. Ne escono pezzi assolutamente originali e di un grande effetto decorativo, che impongono uno stile presto divenuto l’immagine stessa dell’Art Nouveau.

Gallé muore di leucemia nel 1904 e fino al 1914 la conduzione della fabbrica passa alla moglie Henriette, aiutata dagli amici di Emile, soprattutto Prouvé. Quando anche lei muore, il genero Paul Perdrizet non è certo all’altezza della situazione che via via degenera fino ad arrivare nel 1935 alla chiusura.



Vaso 1900 ca.

Vaso ovoidale con decoro di paesaggio lacustre in vetro multistrato lavorato a cammeo; presenta sfumature che vanno dal rosa intenso, al verde, al bruno.

H. cm. 15

Firma incisa a cammeo, in basso “Gallé”




Scatola 1890 - 1900

Scatola a losanga in vetro multistrato ambra,
bruno e rosa su incolore. Decoro di paesaggio inciso
a cammeo all’acido.

Larg. cm.19,5

Firma sul coperchio, lavorata
a cammeo “Gallé”




Vaso 1900 ca.

Vaso “balustre” a corpo appiattito in vetro multistrato, con decoro di iris inciso all’acido, nei toni del blu-violetto su un fondo opalescente

Larg. cm.19,5
H. cm. 22,5

Firma “Gallé” lavorata a cammeo
sul corpo




Vaso 1900 ca.

Vaso “soliflore” a corpo appiattito in vetro multistrato ametista e opalescente su un fondo incolore. Decorazione floreale a cammeo incisa all’acido.

H. cm. 17

Firma “Gallé” a cammeo in basso




Vaso 1900 ca.

Vaso troncoconico a corpo appiattito con decoro floreale lavorato a cammeo sui toni dell’azzurro, violetto, bruno

H. cm 14,5

Firma “Gallé” in basso, lavorata
a cammeo




Daum

È il notaio Jean Daum che, fuggito dalla Lorena dopo la guerra franco-prussiana del 1870, rileva una vetreria a Nancy e comincia a fabbricare lastre da finestra e vetri da orologio; ma è solo dopo la sua morte, nel 1885, che i figli Auguste e Antonin riescono a portarla al successo iniziando una lavorazione a livello artistico. Auguste si occupa dell’amministrazione, Antonin è l’artista che, da grande innovatore, riesce ad elevare la firma Daum accanto a quella di Gallé, ai vertici dei vetri Art Nouveau. Per lui l’essenza magica della natura consiste principalmente nel colore: di qui l’importanza di catturare l’esatta sfumatura di un fiore, di una foglia, di un ramo. Al di là del simbolismo così di moda in quel momento, Antonin Daum parla di “studio delle cose viventi, amore per la verità, ritorno all’intellettualismo, alla sensibilità poetica nella decorazione, ai principi logici del disegno e dell’ornamento”. È evidente in queste parole la sintonia con Emile Gallé e non soltanto sul piano estico o stilistico ma anche su quello teorico dell’arte; importante sarà perciò il suo ruolo anche nell’Ecole de Nancy, soprattutto dopo la morte di Gallé nel 1904.

Neppure il piano della sperimentazione gli è estraneo: introduce infatti molte e svariate tecniche riuscendo ad impiegarle contemporaneamente tanto da ottenere risultati straordinari. La più difficoltosa ed apprezzata è quella detta intercalaire con cui realizza opere piene di mistero e audacia, che sembrano raggiungere la terza dimensione. Si ottiene saldando a caldo, su una prima capsula di vetro o cristallo, composta spesso a più strati e decorata usando più tecniche, una seconda capsula pure a uno o più strati; se durante il raffreddamento l’opera non ha subito crepe o rotture (cosa non insolita data la difficoltà della lavorazione), si passa alla decorazione esterna. È con questi vetri, oggi molto difficilmente reperibili, che all’Esposizione Universale del 1900 a Parigi gli viene riconosciuto il Grand Prix.

E poi l’incisione dove usa progressivamente ruote di ferro, rame, piombo e sughero per ottenere dal vetro un risultato di delicatezza e leggerezza. Nel 1909, con Amlaric Walter, introduce la pâte de verre, risultato di una fusione in vetro simile a quella in bronzo a cera persa, ma di esecuzione assai più difficile e il cui procedimento è stato sempre tenuto segreto.

Poi l’interruzione della guerra del 1914-18, le grandi mutazioni nel campo artistico, le Avanguardie, l’Art Déco. In Daum, dove Antonin andava gradualmente ritirandosi lasciando la guida della vetreria al nipote Paul, tutto ciò si manifesta come evoluzione graduale verso linee più asciutte ed intagli netti e precisi che nulla tolgono all’eleganza dell’oggetto ed al suo successo sul mercato. Tra i prodotti migliori c’è una ricca serie di lampade e di vasi profondamente incisi all’acido, spesso in vetro incolore o blu brillante, giallo o verde, che inglobano decisi motivi geometrici di grande effetto. La bellezza ora è data, oltre che dalla qualità del vetro, dalla sua trasparenza, splendore e luminosità, dalla qualità delle forme che devono essere scrupolosamente rigorose ed armoniche.

Nel secondo dopoguerra la manifattura Daum continua la sua tendenza alla sperimentazione per esempio nell’utilizzo della pâte de verre insieme al cristallo, secondo un procedimento incredibilmente difficoltoso e a tutt’oggi rimasto segreto. Si tratta pur sempre, comunque, di una produzione che, come si è già fatto notare, mantiene un carattere di maggiore tradizionalità rispetto ad altri paesi come Italia e Scandinavia; ciò nonostante hanno voluto lavorare per Daum artisti di fama internazionale come Salvator Dalì, Dmitrienko, Paloma Picasso e altri, realizzando piccole serie numerate di sculture.



Vaso 1892 - 1894

Vetro incolore doppiato giallo, soffiato. Decoro “Violette” inciso a cammeo all’acido e alla ruota, su un fondo “givré”. Bordo superiore dorato, sezione quadrangolare.

H. cm. 11,8

Firmato sotto la base “Daum Nancy” con croce di Lorena




Vaso 1892 ca.

Vaso a doppio strato verde che sfuma sull’incolore. Decoro floreale inciso all’acido su un fondo “givré”, con fiori dipinti a smalto. Montatura in argento per il piede e il bordo superiore.

H. cm. 15,8

Firma incisa sotto la base
“Daum Nancy” con croce di Lorena




Vaso 1920 ca.

Vaso troncoconico con bordo frastagliato modellato a caldo alla pinza; vetro trasparente verde acqua, spesso, con inclusione di bollicine irregolari.

H. cm. 10,8

Firma incisa alla punta sul bordo in basso “Daum Nancy” con croce di Lorena




Vaso 1925 - 1930

Vetro massiccio soffiato verde acqua, con decoro profondamente inciso all’acido su fondo “givré”

H. cm. 12,5

Firma incisa all’acido “Daum Nancy France” con croce di Lorena




Vaso 1930 - 1933.

Vetro massiccio color topazio, soffiato con piede circolare e corpo tagliato a costolature.

H. cm.12,5

Firma incisa sulla base “Daum Nancy France” con croce di Lorena




Legras

L’anziano maestro vetraio Auguste Legras da inizio a quella che diventerà la più grande vetreria d’arte francese, acquistando nel 1864 le Verreries Saint-Denis vicino a Parigi, e nel 1897 altre due a Pantin e a Aubervilliers fino ad avere circa 1500 operai e 150 decoratori. Eccellente tecnico, deposita un gran numero di brevetti di fabbricazione e di decorazione; fra questi fu una specialità della casa il vetro verde Nilo colorato nella massa e poi decorato in oro e smalti. Il procedimento di smaltatura a caldo con motivi floreali trattati a rilievo resta comunque quello più praticato da Legras, che associa gradualmente ad esso l’incisione all’acido del fondo (givrage).

Nel 1900 gli succede il figlio Charles ma alcuni anni dopo, nel 1914, la produzione verrà interrotta a causa della guerra, riprendendo dopo l’armistizio ma senza raggiungere lo stesso precedente livello d’importanza, malgrado nel 1919 acquisisse la Cristallerie de Pantin; inevitabile quindi nel 1924 il suo assorbimento da parte del gruppo lionese Souchon-Neuvesel, anche se la firma resta Legras. Nel 1926 la direzione artistica viene affidata a Auguste Heiligenstein che vi rimane fino al 1935, realizzando una linea di prodotti che riprende la firma Mont Joye (era il grido di combattimento dei re di Francia le cui spoglie erano sepolte nella vicina basilica di Saint-Denis) che, tra la fine dell’ Ottocento e l’inizio del Novecento accompagnava un tipo di creazioni molto particolari in vetro givré soffiato e decorato in oro e smalti duri.



Vaso 1890 - 1903

Vaso a bordo trilobato in vetro soffiato “doublé” verde Nilo con decoro a rilievo in oro brunito su fondo “givré”.

H. cm. 12

Firma in oro sotto la base con marchio ogivale “Mont Joye L C° (Legras & C°)”




Vaso

1925 ca.

Vaso ovoidale a collo leggermente svasato in vetro incolore; su un fondo “Givré” sono dipinti a smalti rossi e neri dei motivi floreali trattati a rilievo.

H. cm.32

Firma in basso, in smalto rosso “Legras”




Vaso 1930 ca.

Vaso “soliflore” in vetro multistrato a sezione quadrata che si restringe al centro; decoro “intercalaire” di alberi e fronde.

H. cm. 24

Firma “intercalaire” in basso “Legras”




Cristallerie de Sèvres

È fondata nel 1686, ma prende il nome di Verrerie de Sèvres nel 1725 quando si sposta in quel paese; nel 1756 Luigi XV la concede a Madame de Pompadour ma dopo la rivoluzione ne diviene proprietario un vetraio spagnolo, Jean Casadavant, che la guida con competenza per quaranta anni espandendo la produzione soprattutto nel settore delle bottiglie. Nell’ ‘800 migliora anche la qualità del materiale che all’Esposizione Universale del 1878 ottiene molti apprezzamenti per la trasparenza e il fulgore indiscutibile del cristallo, oltre che per i suoi colori e le forme. Vengono affrontate anche tutte le tecniche della lavorazione, dall’intaglio, al craquelé, alla marmorizzazione, all’incisione a cammeo sia all’acido che alla ruota, alla soffiatura in stampo con successiva pressatura.

Oggi il marchio Cristallerie de Sèvres rappresenta una produzione di indiscutibile qualità che però si muove sulle tracce di una tradizione che affronta con difficoltà nuove proposte.



Vaso 1940 ca.

Cristallo massiccio incolore, doppiato verde, soffiato poi intagliato.

H. cm. 14

Firma all’acido sotto la base
“Cristal Sèvres France”




Schneider

Come per Daum, anche per Schneider la firma rappresenta due fratelli, Ernest e Charles, il primo con incarico alla direzione commerciale.il secondo responsabile della creazione artistica. E coincidenza vuole che abbiano entrambi lavorato per Daum, Ernest dal 1903 nel settore amministrativo, Charles dal 1905 come ideatore di modelli di vasi e di sculture in pasta di vetro.

Nato, quest’ultimo, nel 1881, aveva coltivato i suoi interessi artistici frequentando l’Ecole des Beaux-Arts di Nancy e tutto il cenacolo di Emile Gallé, da cui era stato fortemente influenzato. Viene poi ammesso all’Ecole des Beaux-Arts di Parigi dove si specializza nella scultura. Ha quindi tutta questa preparazione alle spalle sia quando arriva a collaborare con Daum, sia quando, nel 1911, acquista, insieme al fratello, una piccola vetreria a Epinay-sur-Seine, destinata a diventare, negli anni 1926-27, la più importante vetreria d’arte francese.

Se in un primo tempo è evidente l’influenza di Gallé, Daum e, in genere, dell’Ecole de Nancy, dal 1918 circa si afferma definitivamente la profonda originalità della sua opera con la creazione delle prime coupes bijoux e delle grandi coupes à pied noir. Le loro forme insolite, unite a nuovi colori (come ad esempio il tango, un arancio intenso in seguito largamente imitato), raffinati, violenti, spesso giustapposti, fanno apparire queste creazioni quasi sconcertanti.

Si tratta, infatti, di uno stile assolutamente nuovo che ha i suoi punti di forza in alcune realizzazioni tipiche: il primato del lavoro a caldo del maître verrier su quello a freddo del decoratore, l’impiego delle polveri colorate sparse a caldo fra due strati di vetro incolore (tecnica adoperata già da Emile Gallé e Daum, ma esplorata a fondo solo da Schneider, che ne farà un uso intensivo fino al 1930) e la soffiatura di piccoli pezzi direttamente sulla fiamma. È evidente quindi, non solo il rifiuto di qualsiasi produzione seriale anche se artistica, ma l’importanza che viene ad assumere il maestro vetraio e l’ideatore stesso, Schneider, che presiede infaticabile a tutto il ciclo della creazione, dal modello, alla scelta dei colori, alla presenza attiva sul luogo della lavorazione. E anche se, nel suo periodo di maggior espansione, la manifattura raggiunge i 500 dipendenti, la produzione resta di tipo artigianale: ogni vetro può assomigliare ad un altro ma è sempre differente.

Questo per quanto riguarda l’aspetto tecnico; dal punto di vista estetico gli oggetti creati rivelano un’innovazione formale e decorativa che marcherà profondamente lo stile Art Déco. Così nella coppa il piede, per lo più nero, valorizza il calice là dove i colori esplodono violentemente: questa geometrizzazione delle forme e opposizione dei colori ricordano l’estetica costruttivista. Lo stesso accade nei vasi dove l’essenzialità della forma, molto vicina all’ovale, permette di evidenziare i contrasti dei colori. Tutto ciò consente a Charles Schneider di acquisire una tale reputazione che nel 1925 è nominato membro della giuria dell’Esposizione Universale delle Arti Decorative a Parigi: lui stesso vi partecipa e le sue opere, ovviamente fuori concorso, costituiranno una dimostrazione dei livelli qualitativi ed artistici raggiunti.

Negli anni successivi la produzione, alla ricerca di nuove espressioni più rispondenti ai tempi, varia molto esaltando la linea diritta e con essa la stilizzazione del disegno, fino alla purezza della linea-forma. Troviamo così vetri lisci e colorati nella massa ed altri molto geometrici incisi profondamente all’acido, oppure la serie dei vasi a bulles ed altri detti cordés, robusti e molto spessi, dalle applicazioni a caldo che creano scultorei rilievi.

Poi la seconda guerra mondiale, l’occupazione della fabbrica da parte delle truppe tedesche, la distruzione completa dell’archivio, la crisi post-bellica, la morte di Charles nel 1952, l’esplosione nel 1957 dell’impianto a gas, il trasferimento totale di tutta la manifattura a Lorris nel Loiret: tutta una serie di eventi negativi e circostanze avverse da cui la Cristallerie Schneider (diventata tale nel 1949) non si risolleverà più e che porterà alla sua definitiva chiusura nel marzo del 1981.



Vaso 1918 - 1921

Vaso piriforme a “pied soufflé”, con decoro a foglie stilizzate. Su una base in vetro “givré” bianco “poudré” giallo-oro, pendono silhouettes di foglie giallo limone sfumate verso l’arancio.

H. cm.31

Sotto la base tracce del “berlingot” abraso. Il “berlingot” è un piccolo cilindro lungo 6 mm. in vetro blu-bianco-rosso adoperato come firma dal 1918 e per pochi anni dopo, con significato patriottico




Vaso 1918 - 1923

Vaso in vetro multistrato con decoro “Clématite” inciso all’acido in “poudré” a colore digradante dal verde della base all’arancio del collo, su un fondo satinato rosa maculato.

H.cm.65

Sotto la base reca un piccolo “berlingot”




Coppa 1918 - 1923

Elegante “coupe bijou” in vetro verde giada fra due strati di vetro incolore. Su un alto piede nero-violetto applicato a caldo, un bulbo tondo si apre improvvisamente in una larga corolla piegata verso il basso e pinzata al bordo in otto punti.

H.cm. 16,5

Firma incisa sul piede “Schneider”




Coppa 1918 - 1923

“Coupe bijou” in vetro multistrato color “tango” con un “poudré” blu cobalto che si intensifica verso il bordo pinzato in otto punti. Piede applicato a caldo in “poudré” nero-violetto.

H.cm. 14,7

Firma incisa sul piede “Schneider”




“Pichet” miniatura 1920 - 1922

Piccolo “pichet” in vetro multistrato satinato blu cobalto con macchie verde-bruno.

H.cm. 4,5

Firma incisa sotto la base in corsivo “Schneider” preceduta dall’ “anfora”, segno particolare adoperato in forma sporadica fino al 1924




Vaso 1920 - 1924

Vaso sferico in vetro multistrato “poudré” color “tango”, con un drappeggio rosso sangue maculato giallo che parte dal collo espandendosi verso il basso.Anse applicate a caldo in vetro violetto.

H. cm. 16,3

Firma incisa alla punta “Schneider” in corsivo




Coppa 1920 - 1925

Una colata di vetro “poudré” bruno-violetto discende dal bordo superiore di una coppa rosa-violetto. Piede applicato a caldo in un’altra sfumatura di viola che volge al nero.

H. cm. 19,4

Firma incisa sul piede in corsivo “Schneider”




Coppa 1922 - 1925

Piccola “coupe bijou” in vetro “ poudré” bianco e giallo, macchiato arancio, fra due strati di vetro incolore.

H.cm. 12

Firma incisa alla punta in basso “Schneider”




Vaso 1922-25

Vetro rosa “poudré” giallo-arancio per il piccolo vaso “soliflore” a collo lungo e stretto con tre “cabochons” in vetro violetto-nero applicati a caldo intorno alla base.

H. cm. 15,4

Firma incisa “Schneider” in corsivo preceduta dall’anfora




Vaso 1924 - 1925

Della serie “Lacrime”, piccolo vaso in vetro trasparente a bolle, “poudré” verde giada fra due strati di vetro incolore. Ai lati sono applicate due “lacrime” verde scuro, quasi nero.

H. cm. 12,8

Firma incisa “Schneider” in stampatello sotto la base




Vaso 1925 - 1927

Vaso in vetro multistrato con decoro “Laurier” inciso all’acido: su un fondo giallo maculato arancio parte dal piede un motivo a lunghe foglie in un bruno intenso. Altri motivi geometrici dello stesso color bruno intorno al collo.

H. cm. 34,5

Firma incisa sulla base “Le Verre Français”, nome utilizzato fra il 1918 e il 1933 in alternativa a “Schmeider”




Vaso 1925 - 1927

Vaso a “pied soufflé” in vetro multistrato con decoro “Halbran” inciso all’acido in un color bruno fortemente bluettato su un fondo giallo maculato.

H.cm. 48,5

Firma incisa sul piede “Le Verre français”




Vaso 1922 - 1925

Vaso piriforme in vetro multistrato; il primo strato è un “poudré” verde pastello che si anima di un movimento danzante dato da una colorazione a vortice in “ poudré “ giallo e verde più intenso. Lo strato superiore è costituito da un pesante vetro incolore cosparso di piccole bolle.
Piede applicato a caldo.

H. cm. 45

Firma “Schneider” sul piede al getto di sabbia




Servizio di bicchieri 1922 - 1924

Servizio composta da sei bicchieri a coppa piatta in vetro incolore, con base e vassoio in vetro color tango.

H. cm. 7

Non firmato




Coppa 1925 - 1928

Coppa in vetro multistrato trasparente fumé con decoro “diamante”: sul bordo superiore dei “cabochons” quadrati sono intagliati a punta di diamante e poi ripuliti alla ruota.

H.cm 20

Firma incisa alla punta sulla base “Schneider”




Vaso 1928 - 1930

Vaso sferico della serie “cordée” in vetaro spesso e trasparente colorato verso il basso in “poudré” giallo, ricoperto da colate di vetro chiaro che
circondano la superficie come grosse corde irregolari.

H. cm. 29

Firma incisa sotto la base “Schneider”




Vaso 1928 - 1930

Vetro trasparente tinteggiato nella massa in rosa salmone; sul corpo una spirale dello stesso vetro applicata a caldo.

H. cm. 23

Firma incisa sul bordo in basso “Schneider”




Piatto 1930 - 1932

Vetro fumé sfumato verso l’incolore per questo piatto in vetro “givré” all’acido sulla superficie inferiore con tre cerchi concentrici in vetro brillante lungo il bordo.

Diam. cm. 35 - Firma incisa alla punta sotto la base “Charder Le Verre français”. “Charder”, contrazione di Charles Schneider, appare dal 1927 per personalizzare la linea “Le Verre français”




Sabino

Marius Ernest Sabino, figlio di uno scultore italiano, nasce ad Acireale in Sicilia nel 1878 ed arriva a Parigi all’età di quattro anni. Frequenta l’Istituto Nazionale delle Arti Decorative e successivamente apre un’impresa che produce lampadari e, dagli anni ’20, oggetti decorativi di vetro in serie. Utilizza per lo più un cristallo opalescente e traslucido che viene soffiato in forma e pressato; alla fine il pezzo viene pulito all’acido e poi alla ruota. Come faceva Lalique, anche Sabino crea e disegna i suoi modelli in uno stile ricco di valori plastici che denotano la sua perizia nel campo del modellato e della scultura.

Dopo la morte del fondatore nel 1961, la Maison Sabino continua la produzione con il figlio fino al 1975.



Piatto 1925 ca.

Vetro incolore con decoro di fiori e foglie stilizzati, lavorato a pressatura nel modello, poi lucidato e satinato.

Diam. cm. 24

Firma sotto la base “Sabino France”




René Lalique

René Lalique, nato nel 1860, inizia la sua carriera artistica come orafo e disegnatore di gioielli per rinomate case, fra le quali Cartier, ed è con queste opere che arriva alla consacrazione internazionale all’Esposizione Universale di Parigi nel 1900. Ma già da alcuni anni aveva cominciato le sue ricerche sul vetro e con questo materiale, tagliato, cesellato, fuso o smaltato, realizzava vere e proprie pietre preziose che incastonava nei suoi gioielli e nelle sue preziose parures. Queste sperimentazioni sempre più frequentemente lo portano a perfezionare la tecnica della pressatura con la quale raggiungerà livelli artistici incomparabili: il suo vetro soffiato e molato, per lo più incolore, è puro e trasparente e solo la luce, nel contrasto dato dalla quantità della materia pressata, modella il contorno del disegno creando giochi di chiaro-scuro che evidenziano l’architettura dell’oggetto.

Una nuova arte decorativa, dunque, che da una parte riprende la tradizione valorizzando le qualità naturali del vetro, dall’altra dimostra che l’arte e l’industria non sono più incompatibili, a patto che si sia assolutamente intransigenti in ciò che riguarda la qualità e l’estetica.

Contemporaneamente alla produzione a carattere industriale dei pressati e modellati, Lalique realizza pezzi unici con il procedimento della cera persa, ma si cimenta anche in oggetti del tutto particolari come i tappi da radiatore (a tutti gli effetti delle sculture che diventano ben presto segno distintivo di lusso e di eleganza) o in strutture architettoniche come, nel 1920, la decorazione della sala da pranzo del transatlantico Normandia o, nel 1925, la fontana centrale dell’Esposizione delle Arti Decorative di Parigi.

René Lalique muore nel 1945 e sono il figlio Marc e poi la nipote Marie-Claude, entrambi molto dotati in campo artistico, a continuare il suo lavoro ristrutturando e riaprendo la fabbrica in Alsazia, seriamente danneggiata durante l’occupazione tedesca, e riacquistando il suo ruolo preminente nel settore. Ma nel secondo dopoguerra i caratteri della produzione vetraria, come si è avuto già modo di analizzare, via via cambiano: non così per la René Lalique che non riesce a raggiungere una sua moderna identità, adagiandosi, nonostante l’introduzione di tutta una nuova serie di disegni, nel suo glorioso passato.



Vaso “Formose” 1924 - 1932

Vetro fumé “sufflé-moulé” opalescente e colorato in pasta con decoro a rilievo di pesci.
Produzione conclusa nel 1947.

H. cm.18

Firmato impressa sotto la base “R.Lalique”




Vaso “Malines” (o “Feuilles pointues”)
1924 - 1932

Vetro bianco ‘sufflé-moulé-‘ con decoro di rami
di foglie appuntite in vetro brillante, su un
fondo satinato opalescente e leggermente rosato.
Produzione conclusa nel 1947.

H. cm. 13

Firma impressa sotto la base “R.Lalique”




Vaso “Esterel” (o “Laurier-vase”) 1923 - 1932

Vetro bianco opalescente,
soffiato-molato, con decoro floreale
su fondo satinato.
Produzione conclusa nel 1947.

H. cm.15

Firma incisa sotto la base “R.Lalique France N. 941”




Piatto “Oursins n. 2” 1935 - 1947

Vetro bianco trasparente con opalescenza azzurra
soffiato-molato, con decoro a raggiera.
Produzione conclusa nel 1947.

Diam. cm. 28

Firma incisa sotto la base “R.Lalique France”